Pubblichiamo oggi la riflessione di una lettrice, un omaggio al personale medico e paramedico ogni giorno impegnato a prestare sollievo e cure a tanti malati. Un esercito silenzioso, che è importante ricordare.

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"Gentile redazione,

leggiamo quasi quotidianamente, anche nelle vostre cronache, di maltrattamenti a disabili e il sangue ci si gela nelle vene.

Vediamo immagini raccapriccianti, riprese da telecamere nascoste, che documentano fino a che punto può spingersi la brutalità umana e un brivido corre lungo la nostra schiena.

Ascoltiamo notizie di luoghi, eletti a rifugio dei malati, che si trasformano in veri e propri lager e improvvisamente al cuore manca un battito.

Esseri umani, che non hanno più contezza di se stessi né del mondo che li circonda, vessati e calpestati.

Quante volte ancora dovremo assistere alla più infame tra le infamità?

Quante volte, affidando un nostro caro alle cure di mani altrui, dovremo augurarci di non sbagliare?

Dietro ogni malato a rischio c'è una famiglia che trepida.

Così come per ogni operatore scellerato vi sono tuttavia migliaia di addetti perbene che, ogni giorno, si occupano responsabilmente dei pazienti e forniscono un supporto prezioso alle loro famiglie.

Ma di ciò si parla poco e si scrive ancora meno, perché la quotidianità, forse, non fa notizia, e chi compie il proprio dovere non sempre suscita interesse.

Eppure siamo in tanti, se ci unissimo saremmo un esercito. Ma il più delle volte combattiamo in solitudine le nostre battaglie, consapevoli che non ci sarà nessun miracolo e che la sconfitta finale è l'unica prospettiva.

Non per questo ci tiriamo indietro, non per questo ci mettiamo meno impegno.

Famiglie, medici, paramedici, operatori socio-sanitari, che ogni giorno affilano le armi a loro disposizione e affrontano il nemico sul campo qualunque sia il suo nome.

Una moltitudine di persone che, al posto di arrendersi davanti all'incalzare della malattia, focalizzano piccoli obiettivi e su quelli investono tutte le energie possibili.

Individui che, per affetto, professione o entrambe le cose, si mettono al servizio del malato e gioiscono di ogni minimo successo.

Perché esistono realtà in cui riuscire a pronunciare una parola, una sola; riuscire a bere un bicchiere d'acqua o a muovere un passo, sono vere e proprie conquiste.

Esistono realtà dove un sorriso strappato ti ripaga di mille patimenti e ti da la forza di sopportarne altrettanti.

Non è questione di coraggio né di spirito di sacrificio, si tratta semplicemente di amore. E si sa che l'amore non lascia scampo.

A mia Madre, a ciò che ha perduto, a ciò che continua ad insegnarmi e alla sua smisurata voglia di vivere.

A tutti coloro a cui la sorte ha posto sulle spalle la croce pesante di una grave malattia".

A.M.

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