Pubblichiamo la lunga denuncia di una lettrice circa le difficoltà, in Sardegna, nel garantire le adeguate cure e l'assistenza ad una donna, in questo caso la mamma, malata di cancro ai polmoni. Una "vera e propria odissea" dettata da una macchina lenta e complessa e da una burocrazia esasperante, che ha costretto la lettrice ad "annullarsi" dedicandosi h24 alla madre. "A volte - chiude amaramente la nostra lettrice - a uccidere non sono solo le malattie".

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"Cara Unione,

scrivo questa lettera con uno stato d'animo misto tra esasperazione, rabbia e delusione per quello che è diventato il nostro sistema sanitario, ed in particolare quello sardo, poiché in Sardegna risiedo e di altre regioni dove mi sono recata per cure (prima fra tutte la Lombardia), posso solo parlar bene e ringraziare".

LA MALATTIA - "Sono l'unica figlia di una vedova di 60 anni affetta da circa tre anni da cancro al polmone al IV stadio metastatico, la cui condizione è precipitata negli ultimi mesi a causa di una sopraggiunta metastasi cerebrale che in poco tempo la stava uccidendo. Per i medici del San Francesco di Nuoro non c’era ormai altro da fare che rassegnarsi e passare alle cure palliative. Scettica su questa prospettiva, da sola, di mia iniziativa, ho chiesto il consulto con uno dei migliori neurochirurghi che abbiamo in Europa e forse nel mondo e che lavora all’Istituto Neurologico Besta di Milano.

Nulla era ancora perduto, l’intervento era fattibilissimo, non solo, mi dice che sarebbe stato meglio toglierla dall’inizio, a Febbraio, quando era ancora più piccola e mia madre non era caduta in uno stato fisico così compromesso per via di tutto il cortisone assunto per tamponare l’edema cerebrale.

Il 3 agosto viene operata con successo, letteralmente "presa per i capelli" e strappata alla morte. Ma poi col ritorno in Sardegna, si riapre il baratro".

L'ODISSEA PER L'OSSIGENO - "Avete idea di cosa significhi dover lottare con la burocrazia per poter RESPIRARE? Alla dimissione prevista per lunedì 21 agosto mia madre necessitava di ossigeno terapia domiciliare, in previsione di ciò, giorni prima, i medici contattavano il reparto di pneumologia dell'ospedale di Nuoro per richiedere una rapida assegnazione dell’ossigeno a domicilio, disposti ad inviare tutta la documentazione necessaria via fax o mail ai colleghi, pur di agevolare una paziente in così gravi e delicate condizioni. I colleghi di Nuoro per tutta risposta asserivano che per loro era una condizione imprescindibile visitare la paziente per prescriverle l’ossigeno a domicilio".

"Tutto si è trasformato in una vera e propria Odissea: atterrati ad Olbia siamo stati costretti per garantire l’ossigeno necessario a mia madre a richiedere un'ambulanza privata che dietro compenso di 220 euro ci ha accompagnati dall'aeroporto all’Ospedale di Nuoro.

Arrivati qui alle 20, gli ambulatori di Pneumologia erano chiusi (nonostante li avessimo contattati per informarli del nostro arrivo a quell'ora su un volo 'speciale' dove era stato richiesto l’ossigeno), siamo stati costretti a rimanere in pronto soccorso fino alle 4 del mattino, sbrigando tutta la trafila burocratica e medica, poco necessaria, dato che eravamo lì solo per avere quelle benedette bombole di ossigeno a casa.

Per ore siamo rimasti in sala barelle con altri pazienti, e mia madre è un soggetto immunodepresso.

Dopo aver richiesto più volte un posto letto, discutendo anche animatamente col medico di turno, solo alle 5 del mattino, veniva portata ..indovinate dove? Nel reparto di malattie infettive … In quelle condizioni! Un'altra lite col medico di turno per cercare di fargli capire che un paziente in quelle condizioni non può assolutamente stare in quel reparto e da lì lo spostamento nel reparto di medicina ma sono ormai le 5 quasi e mezza del mattino … Dulcis in fundo ormai è quasi mattina e mia madre, in assenza di posti in stanze femminili, viene messa in una stanza di soli uomini, dove rimarrà ricoverata in attesa di una consulenza pneumologica per la prescrizione.

Il giorno dopo, la tanto indispensabile visita pneumologica improvvisamente non è più necessaria: i medici di pneumologia le rilasciano la prescrizione senza visitarla, basandosi esclusivamente sugli esami del pronto soccorso.

LA BUROCRAZIA - Allora mi chiedo e chiedo alla sanità sarda: se bastava l’emogas per la prescrizione perché non accettare da subito quello che il Besta voleva inviare? Perché far passare una notte in pronto soccorso e due da ricoverata a una poveretta in così precarie condizioni? Con aggravio oltretutto dei costi per la sanità sarda ma anche per noi cittadini e malati.

E ancora, vado avanti con la mia esasperazione: è normale che con un impegnativa per una risonanza magnetica del cervello da fare ad un mese dall’intervento, mi sento rispondere dal Cup regionale che la prima è a Maggio 2018?! È normale che se vado da un privato la pago meno che da un medico che opera in intramoenia in un ospedale pubblico? È normale che in intramoenia è subito disponibile mentre con la “mutua” bisogna aspettare 7/8 mesi?!

È normale che l’oncologa per poter far riprendere la terapia oncologica a mia madre non può richiederle una tac da eseguire in breve tempo perché ha dei tempi lunghissimi e allo stesso tempo – a suo dire - non la può richiedere d’urgenza perché non si tratta di un’emergenza sanitaria?".

L'ESASPERAZIONE - "Vi chiedo, in un paese civile, dove il diritto alla salute è tanto decantato dalla nostra costituzione tutto questo come è possibile? La mia esasperazione, l’esasperazione di un familiare di un malato oncologico è inoltre acuita da un inefficiente servizio ADI (assistenza domiciliare integrata), un servizio che sulla carta, vien da dire, grazie a Dio che esiste, ma che in realtà è un vero e proprio disservizio che sarebbe meglio togliere di mezzo lasciando i pazienti ricoverati in ospedale. Mia madre, come tante altre pazienti nelle sue condizioni, ha dovuto fare delle terapie per via endovenosa come terapia domiciliare, prescritte per le 8 del mattino. Ebbene, le infermiere dell’ADI venivano per la somministrazione ogni giorno ad un orario diverso: un giorno alle 7.30, un giorno alle 9, un giorno alle 10, poi alle 11.In un paziente con un così delicato e precario equilibrio. Inoltre, alcune di esse, pretendevano che fossi io a sostituire le flebo, nello specifico dal cortisone al mannitolo (farmaco per il quale è addirittura consigliata una somministrazione ospedaliera) per evitare loro di rimanere il tempo necessario al completamento della flebo e alla sostituzione con la nuova, e per poter nel frattempo andare da qualche altro paziente".

"Ci vogliamo rendere conto di questa tremenda realtà? Le istituzioni, la politica, dove sono? Si sono dimenticati dei malati e delle loro famiglie. Questa è la realtà. Mia madre, che in questo articolo rappresenta tanti altri malati nelle sue stesse condizioni, necessita in questo momento di un'assistenza h24 per la quale se dovessimo pagare un badante ci vorrebbero almeno 1400 euro. Ebbene lo stato dà a pazienti come lei soltanto una misera pensione di invalidità di 270 euro e un accompagnamento di 500 euro. Con questa cifra non si copre neanche la spesa per medicine, visite specialistiche e accertamenti diagnostici, il più delle volte a pagamento per l’interminabile lista d’attesa...Da un anno non si riesce neanche ad accedere ai fondi della legge 162/98 che prevede finanziamenti per interventi socio-assistenziali a favore di persone con grave disabilità poiché bisogna aspettare che esca il bando, come se le malattie seguissero i tempi della burocrazia regionale".

L'APPELLO ALLE ISTITUZIONI - "Vorrei sapere come, io e chi è nella mia stessa condizione, deve fare per garantire un'assistenza decente ad un paziente in queste condizioni. Ad oggi, essendo figlia unica, mi sono sempre occupata da sola di mia madre, h 24, annullandomi completamente, senza neanche poter uscire di casa per andare a fare la spesa o in farmacia per acquistare le medicine di cui lei ha bisogno. Nessun aiuto da parte delle istituzioni. A queste istituzioni e alla politica, così vicina in campagna elettorale, a voi che ricoprite posti di responsabilità chiedo, quali provvedimenti intendete prendere per agevolare la vita dei malati e dei loro familiari e alleviare le loro sofferenze anziché aggiungerne altre alla luce di questo mio triste racconto.

Ad uccidere non sono solo le malattie, ma anche incompetenza, burocrazia e mancanza di volontà".

Cordialmente,

Cristina Goddi - Torpè

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