Pubblichiamo oggi la lettera di una cagliaritana su una vicenda capitata ad una cara amica, mamma di un bimbo di dieci anni affetto da autismo. Un episodio di mancata attenzione e sensibilità, che la lettrice si augura possa fare riflettere.

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"Gentile redazione,

scrivo per raccontarvi una storia di mancata sensibilità e rispetto verso gli altri, che credo meriti essere raccontata.

Una mia cara amica, domenica mattina, si godeva in bicicletta una meravigliosa giornata d’estate con il suo bimbo di dieci anni. Lei davanti e lui a rincorrere, con le gambine ancora tremanti per lo sforzo e con le rotelline attaccate al piccolo mezzo.

La mia amica viene sorpassata, in un tratto, da un padre seguito da un bimbo visibilmente più piccolo del suo, agilissimo sulla sua "due ruote", e il papà dice forte al figlio della mia amica: "Ma non ti vergogni, così grande e ancora con le rotelle".

Ecco, quello che forse non tutti hanno l’intelligenza e la sensibilità di capire, è che per mille motivi, e quello del bimbo della mia amica si chiama "autismo", non tutti i ragazzini sono uguali. E alcuni, capita, possono non essere in grado di svolgere le normali attività rifiutandole a priori per paura di fallire ed essere derisi.

La mia amica ha impiegato dieci anni ad infondere al suo bimbo la stima necessaria per indurlo a provarci e a farcela, e quella di domenica era la sua prima uscita in bici e il piccolo era orgoglioso, e tanto, di se stesso e la mia amica di lui.

La risposta del piccolo è fortunatamente stata molto saggia e più forte della tristezza provata dalla mamma: "Non te la prendere, lui non poteva sapere che questa è la mia prima volta".

Ho voluto raccontarvi questa storia perché chi è stato l’autore di questo fatto, magari riconoscendosi, provi almeno un po’ di vergogna, e perché molti capiscano, prima di parlare, che con una frase, a volte, si può distruggere un sogno".

A.T. - Cagliari

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